Michelangelo Pistoletto: povertà e nobiltà. L’excursus
Nel panorama dell’arte contemporanea italiana, Michelangelo Pistoletto emerge come una figura di straordinaria rilevanza, un artista la cui opera attraversa oltre sei decenni di storia culturale, sociale e politica. Nato a Biella nel 1933, Pistoletto ha saputo reinventarsi costantemente, passando dalla pittura figurativa agli specchi, dalle installazioni alle performance, fino alla creazione di una vera e propria piattaforma di trasformazione sociale attraverso l’arte. La sua ricerca artistica, mai disgiunta dall’impegno civile, rappresenta un caso emblematico di come l’estetica possa diventare veicolo di riflessione critica e strumento di cambiamento collettivo. Questo articolo si propone di esplorare il percorso artistico e intellettuale di Pistoletto, analizzando le principali tappe della sua evoluzione e il suo impatto sulla cultura contemporanea.
Gli esordi e la nascita dei Quadri specchianti
Il percorso artistico di Pistoletto inizia negli anni Cinquanta con una pittura di stampo autoreferenziale, incentrata sull’autoritratto. È però negli anni Sessanta che l’artista sviluppa la sua innovazione più celebre e rivoluzionaria: i Quadri specchianti. Queste opere consistono in figure dipinte o fotografate, applicate su superfici di acciaio inox lucidato a specchio. La prima serie, inaugurata nel 1962 con Uomo di schiena, segna un punto di svolta non solo nella carriera dell’artista, ma nell’intero panorama dell’arte italiana del dopoguerra.

L’intuizione geniale di Pistoletto consiste nell’introdurre lo specchio come elemento costitutivo dell’opera d’arte. Lo specchio non è solo un supporto o un materiale tra tanti, ma diventa il fulcro concettuale del lavoro: attraverso la superficie riflettente, l’osservatore entra letteralmente nell’opera, diventandone parte integrante insieme all’ambiente circostante. Si crea così una triplice dimensione temporale: il passato (rappresentato dalla figura stampata o dipinta), il presente (l’immagine riflessa dello spettatore e dello spazio) e un tempo indefinito che nasce dalla loro interazione.
I Quadri specchianti rappresentano una risposta italiana all’arte concettuale americana e al nouveau réalisme francese, ma con una specificità tutta particolare: mentre molte correnti contemporanee proclamavano la morte dell’autore o la scomparsa dell’opera, Pistoletto propone una terza via, in cui l’opera non scompare ma si apre, diventa uno spazio di relazione, un dispositivo che attiva la partecipazione e la riflessione. In Lui e lei alla balconata del 1966, ad esempio, una coppia fotografata in bianco e nero si affaccia su uno spazio che è al contempo quello rappresentato nell’immagine e quello reale del museo, creando un cortocircuito visivo e concettuale che sfida le convenzioni della rappresentazione.

L’Arte Povera e l’impegno politico
Alla fine degli anni Sessanta, Pistoletto diventa uno dei protagonisti dell’Arte Povera, movimento teorizzato dal critico Germano Celant nel 1967. Questo movimento, caratterizzato dall’utilizzo di materiali “poveri” e naturali (stracci, legno, terra) e dal rifiuto dell’oggetto artistico come merce di lusso, si pone in diretta opposizione alla società dei consumi e alla mercificazione dell’arte.
In questo contesto, Pistoletto realizza alcune delle sue opere più iconiche, come Venere degli stracci (1967), nella quale una replica in cemento della Venere con pomo, copia di una statua classica, è posta di fronte a un cumulo di stracci colorati. L’opera mette in relazione la perfezione immobile della tradizione classica con la realtà caotica e marginale dei rifiuti della società industriale, creando un dialogo tra alto e basso, tra permanenza e transitorietà, tra valore simbolico e valore d’uso.

Questa fase del lavoro di Pistoletto è caratterizzata da un forte impegno politico e da una critica serrata alle istituzioni artistiche tradizionali. L’artista partecipa attivamente ai movimenti di contestazione del 1968, organizzando performance e azioni che sfidano i confini tra arte e vita. La Sfera di giornali (1966-1968), una grande palla composta da fogli di quotidiani pressati, che l’artista fa rotolare per le strade di Torino, rappresenta un’efficace metafora dell’informazione che circola nella società, ma anche un modo per portare l’arte fuori dai musei, nelle strade, a contatto diretto con la vita quotidiana.

Lo Zoo e l’arte collaborativa
Nel 1968, Pistoletto fonda “Lo Zoo”, un collettivo che riunisce artisti, musicisti, poeti e attori con l’obiettivo di creare opere interdisciplinari e collaborazioni artistiche aperte. Il gruppo, attivo fino al 1970, realizza performance e azioni in spazi pubblici e non convenzionali, rifiutando la separazione tra le arti e promuovendo un’idea di creatività come prassi collettiva e liberatoria.
Le attività de Lo Zoo rappresentano un tentativo di superare non solo i confini tra le discipline artistiche, ma anche quelli tra arte e vita quotidiana, tra artista e pubblico. In questo senso, anticipano molte delle pratiche relazionali e partecipative che caratterizzeranno l’arte degli anni Novanta e Duemila. L’opera Segno Arte (1976) rappresenta emblematicamente questa ricerca di un’arte che sia al contempo segno simbolico e azione trasformativa: una figura geometrica composta da due triangoli che si intersecano, formando una sorta di clessidra che rappresenta l’incontro tra polarità opposte.
Progetto Arte e la dimensione sociale
Negli anni Novanta, la riflessione di Pistoletto si amplia ulteriormente, abbracciando tematiche sociali, ecologiche e politiche su scala globale. Nel 1994 lancia Progetto Arte, un manifesto che promuove l’idea di un’arte impegnata nella trasformazione responsabile della società. Non si tratta più solo di creare opere o di sfidare il sistema artistico, ma di ripensare l’intero rapporto tra creatività e vita sociale.
Da questa visione nasce nel 1998 Cittadellarte-Fondazione Pistoletto, un laboratorio di creatività e produzione culturale con sede in un’ex fabbrica tessile a Biella. Cittadellarte non è un museo né una fondazione tradizionale, ma un luogo di formazione, ricerca e produzione che mette in relazione artisti, designer, architetti, attivisti, imprenditori e politici per sviluppare progetti che abbiano un impatto concreto sulla società. L’arte diventa così non solo rappresentazione o critica del mondo, ma strumento di trasformazione attiva della realtà.
Tra i progetti più significativi di questa fase vi è Terzo Paradiso (2003), un simbolo che rielabora il segno matematico dell’infinito, aggiungendo un terzo cerchio centrale. Questo segno rappresenta la sintesi tra natura e artificio, tra passato e futuro, tra tradizione e innovazione. Non è solo un’opera visiva, ma un vero e proprio manifesto ideologico che propone una “terza fase” della civiltà umana, in cui tecnologia e natura trovano un nuovo equilibrio.

Il Terzo Paradiso si è concretizzato in centinaia di manifestazioni in tutto il mondo, da installazioni permanenti a performance collettive, da progetti educativi a iniziative di sensibilizzazione ambientale. Nel 2015, ad esempio, in occasione dell’Expo di Milano, Pistoletto ha realizzato un grande Terzo Paradiso utilizzando mele, simbolo del cibo e della conoscenza, creando un ponte tra riflessione artistica e tematiche alimentari.
L’impegno ecologico e la dimensione globale
Negli ultimi due decenni, la ricerca di Pistoletto si è sempre più orientata verso temi ecologici e di sostenibilità. Opere come Love Difference (2002), un grande tavolo a forma di bacino mediterraneo circondato da sedie di diverse culture, rappresentano la visione di un’arte che promuove il dialogo interculturale e la cooperazione internazionale come risposta alle sfide della globalizzazione.

Nel 2010, con il progetto Rebirth-day, Pistoletto istituisce una giornata mondiale della rinascita, celebrata ogni 21 dicembre, durante la quale si svolgono iniziative in tutto il mondo legate ai temi della sostenibilità e della trasformazione sociale attraverso l’arte. Il progetto coinvolge musei, scuole, associazioni e semplici cittadini in una rete globale di azioni simboliche e concrete. L’operazione Terzo Paradiso in Palestina (2014) rappresenta un esempio emblematico di come l’arte possa diventare strumento di pace e di dialogo anche in contesti di forte conflitto. Attraverso workshop e attività partecipative con comunità locali israeliane e palestinesi, Pistoletto ha dimostrato come il linguaggio simbolico dell’arte possa creare spazi di incontro e di confronto al di là delle barriere politiche e religiose.
Eredità e attualità di Pistoletto
A novant’anni compiuti, Michelangelo Pistoletto continua a essere una figura straordinariamente attiva nel panorama artistico internazionale. La sua opera è stata celebrata da importanti retrospettive nei maggiori musei del mondo, dal Louvre al MAXXI di Roma, dal Philadelphia Museum of Art al Museo Reina Sofia di Madrid.
Ciò che rende ancora oggi attuale e vitale il suo lavoro è la capacità di connettere dimensione estetica e impegno etico, riflessione filosofica e azione concreta. In un’epoca segnata da crisi ecologiche, conflitti sociali e trasformazioni tecnologiche radicali, la visione di Pistoletto offre strumenti concettuali e pratici per ripensare il ruolo dell’arte nella società. La sua opera Cretto di carta (2021), realizzata durante la pandemia di COVID-19, è un esempio di come l’artista continui a riflettere sulle grandi questioni contemporanee, trasformando la carta dei quotidiani che hanno documentato la crisi sanitaria in un grande cretto che evoca quello di Alberto Burri a Gibellina, simbolo di distruzione ma anche di rinascita.
Povertà e nobiltà
Il percorso di Michelangelo Pistoletto rappresenta un caso esemplare di come l’arte possa essere al contempo riflessione critica e azione trasformativa. Dai Quadri specchianti, che introducevano lo spettatore nell’opera attraverso il riflesso, ai progetti di Cittadellarte, che coinvolgono comunità intere in processi di cambiamento sociale, il fil rouge del suo lavoro è sempre stato l’idea di un’arte che non si limita a rappresentare il mondo, ma che contribuisce attivamente a cambiarlo. In un’epoca in cui il sistema dell’arte è sempre più dominato da logiche commerciali e spettacolari, la lezione di Pistoletto ricorda che l’arte può e deve essere anche uno strumento di consapevolezza collettiva e di trasformazione sociale. Il suo lavoro dimostra che non c’è contraddizione tra ricerca formale e impegno civile, tra dimensione estetica e dimensione etica, tra innovazione linguistica e tradizione culturale.
QUI, IL NOSTRO FOCUS SULL’ARTE POVERA (DI CUI PISTOLETTO È IL PRINCIPALE RAPPRESENTANTE)
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