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Come rinascere attraverso l’arte: conversazione con Soledad Burgaleta – ESCLUSIVA IAJ

Come rinascere attraverso l’arte: conversazione con Soledad Burgaleta – ESCLUSIVA IAJ

Quanto è importante la vita dell’artista nell’arte che produce? Qual è il legame che intercorre tra la persona e la sua produzione? È una domanda chiave nel discorso sull’arte, specialmente oggigiorno dove la vita dell’artista si riverbera nell’analisi dell’opera. Se, in alcuni casi, questa può portare a delle fratture e controversie, oggi vi portiamo a conoscere un’artista straordinaria la cui opera è profondamente legata al suo vissuto. Soledad Burgaleta, spagnola nata in Guatemala, dipinge dal 2014. Si dedica all’arte circa un anno dopo la perdita del marito, avvenuta in un tragico incidente. Le motivazioni che spingono Soledad all’arte vanno ricercate, così, nell’evento più drammatico possibile, dal quale nasce un profondo e intimo lavoro di sanamento dell’anima.

Come rinascere attraverso l’arte: conversazione con Soledad Burgaleta – ESCLUSIVA IAJ

Soledad, la tua storia personale è profondamente legata alla tua espressione artistica. Come è iniziato questo percorso e quanto ha influito quel momento di svolta nella tua vita?

La mia traiettoria artistica inizia per questo triste avvenimento occorso nella mia vita. Mio marito muore in un tragico incidente automobilistico e delle amiche mi invitano a seguire un corso di pittura. Da lì, la pittura è diventata la mia alleata di vita. Dico sempre che non sono stata io a trovare la pittura, ma lei a trovare me. Eppure fin da piccola ho sempre amato avere pastelli e colori tra le mani! Il mio percorso di vita ha un ruolo fondamentale nel mio percorso artistico. Sono quello che dipingo. La mia serie di ‘Una vida en la mirada’ si basa su un progetto di fotografia per rendere visibili gli invisibili: ovvero i senzatetto, mendicanti, gli anziani. Ho due lauree e due master. Per tutta la vita ero stata dedita a lavori di carattere imprenditoriale. Poco a poco, dal 2014, ho cominciato a fare esposizioni collettive, paso a paso. Lo sviluppo e l’accelerata più marcata è avvenuta dal 2020 con la pandemia. Parlando con i miei maestri, che mi spingono verso quella direzione, ho deciso di incamminarmi verso una carriera artistica professionale.”

Tecnica ed emozione sembrano essere al centro della tua arte. Qual è il tuo approccio al colore e cosa cerchi di trasmettere attraverso le tue opere?

Sono esperta in acquarelli, ma ho sperimentato con varie tecniche. Amo le sfumature di colore e scoprirli nelle persone e nelle piccole e grandi cose. Per fare un esempio, quando da piccoli immaginiamo le montagne, le immaginiamo verdi. Ma non sono verdi, hanno tante sfumature. C’è qualcosa di molto chiaro che mi identifica: ovvero, suscitare delle emozioni nello spettatore. Nel caso della serie di Una vida en la mirada, l’idea è quella di rendere visibili gli invisibili, e far parlare gli occhi di quelle persone, che parlino di per sé, senza bisogno di parole. Per il resto delle mie opere, mi piace trovare la bellezza nelle cose quotidiane, finanche un paio di scarpe. Questo è ciò che mi definisce di più, a livello artistico: cercare la bellezza nelle piccole cose quotidiane.

Mi affascina il tuo processo creativo. Da dove nasce l’ispirazione per le tue collezioni e come si sviluppa il dialogo tra idea ed esecuzione?

Il processo creativo è differente a seconda di quello che faccio. Da 15 anni mi faccio ispirare dalle persone che trovo per il mio cammino. Loro stessi sono quelli che mi danno le indicazioni e l’ispirazione per poterli rappresentare, prima attraverso la fotografia e poi attraverso la pittura su pagine di libri antichi. Ho anche un’altra collezione che si chiama ‘A golpes con la vida’, basato su dei guantoni da boxe. Un altro è ‘Apostándole a la vida’. Tutti i miei quadri presentano una connotazione positiva rispetto a come affrontiamo gli eventi della vita. L’innovazione nell’arte è precisamente qualcosa che esce dall’ordinario e che susciti emozioni e pensieri nello spettatore. Per questo, do tanta rilevanza alla serie de Una vida en la mirada. Poi, sono amante dell’iper-realismo contemporaneo, perché prendo un oggetto contemporaneo ma lavoro in modo innovativo sullo sfondo, offrendo un significato diverso.

Nel mondo artistico si parla spesso di improvvisazione e rigore. Nel tuo lavoro, quanto spazio lasci all’inaspettato e quanto invece segui una visione precisa?

Nei miei quadri c’è spazio per l’improvvisazione solo in alcuni casi concreti. Per esempio, nei quadri de Una vida en la mirada, mi baso sulle espressioni e volti delle persone che hanno aperto il loro cuore e mi hanno affidato parti della loro vita, raccontandomela. E qui, come potrai capire, non c’è spazio per l’improvvisazione: perché cerco di rifletterle e rappresentarle al meglio. Anche nelle mie opere di iperrealismo, l’unico elemento di improvvisazione reale è legato allo sfondo. Lì è improvvisazione e sperimentazione, allo stesso tempo.

Le tue opere sembrano portare con sé un forte messaggio sociale. Come vedi il ruolo dell’arte nel sollevare questioni importanti nella società contemporanea?

La mia arte dialoga con un tema di coscienza sociale presente: stiamo perdendo di vista le persone anziane, non le stiamo rispettando come dovremmo. Ci sono alcune culture, specialmente quelle orientali, che hanno gli anziani in altissima considerazioni. Una cosa che nel mondo americano ed europeo si sta via via perdendo. Dobbiamo tenere in considerazione la loro prospettiva perché è frutto di una lunga esperienza di vita.

L’identità di un artista si forma nel tempo. Come hanno influito le tue radici e il tuo background culturale sul tuo percorso artistico?

Le nostre opere sono il riflesso di ciò che noi siamo. Fin da piccola ho ammirato l’arte. Ho avuto la fortuna di essere nata in Spagna, lì dove si respira arte in ogni luogo. I miei genitori mi hanno inculcato dei concetti di bellezza artistica, dall’architettonico, al pittorico, fino al musicale. Fin da piccola ho assorbito tutte quelle tracce, non solo nella forma pittorica ma anche nella scrittura e nel modo stesso di pensare.

In fondo, ogni artista aspira a lasciare un segno. Qual è l’impronta che vorresti lasciare tu con la tua arte?

Credo che tutti gli artisti abbiano (e abbiamo) l’intenzione di lasciare un’impronta nel mondo. Quella che voglio lasciare io è di coscienza sociale. Con la mia serie di Una vida en la mirada, vorrei che anche una sola persona possa vedere quella vita invisibile, sostenerla e appoggiarla. Già con quello mi riterrei soddisfatta. Per me, rendere visibili e diffondere le mie opere è volto a rendere visibile quella tematica: è una questione sociale e vocazionale più che personale.”

Nel tuo percorso artistico, ci sono stati incontri o confronti con altri artisti che hanno arricchito la tua visione?

“Da tutto si apprende, anche da chi non si capisce o comprende. Questa è una bella cosa, perché ci si arricchisce culturalmente e artisticamente da tutti.”

Parliamo del mercato dell’arte, spesso così controverso. Come ti stai confrontando con questa realtà e quali sono le tue strategie per far arrivare il tuo messaggio oltre le logiche commerciali?

“Il mercato dell’arte, oggi come oggi, è viziato e inquinato, a partire dagli stessi spazi espositivi che fanno affari al di là della qualità oggettiva delle opere. Personalmente sto riuscendo ad avere un buon riscontro, e non per un tema lucrativo, almeno per la serie di Una vida en la mirada. La mia idea è che i quadri originali facciano il giro del mondo e si vendano solo delle repliche numerate, con un 40% dei ricavi che vanno a quelle stesse persone ritratte nelle mie opere. Con gli altri quadri di carattere iperrealista, invece, c’è un lavoro di esposizione e vendita tradizionale. Anche per quelle, sono contenta di poter affermare che hanno avuto un ottimo riscontro.”

Per concludere, Soledad, guardando al futuro: quali sono i progetti a cui stai lavorando attualmente e qual è il tuo sogno artistico ancora da realizzare?

“Attualmente sto lavorando su due grandi lavori, per due grandi imprese di genere diverso, e ognuno mi ha commissionato un lavoro relazionato con le loro attività. Una vida en la mirada però non lo accantono e sto dipingendo il 21esimo viejito. Il mio sogno artistico nel cassetto è quello di avere un riconoscimento sociale: non per l’ego, ma per aprire gli occhi delle persone. È impressionante notare come le persone passano davanti agli invisibili, perché non vogliono vederli e non perché non esistano. Ecco, questo è il cambio che vorrei vedere nel mondo. Voglio contribuire con il mio piccolo granito de arena al cambiamento nel mondo. Così come tu puoi cambiare la loro vita, loro possono cambiare la tua.”

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