La Tela Magna sarà la prima opera d'arte planetaria: è il Manifiesto Universal di Luis Gramet
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La Tela Magna sarà la prima opera d’arte planetaria: è il Manifiesto Universal di Luis Gramet

La Tela Magna sarà la prima opera d’arte planetaria: è il Manifiesto Universal di Luis Gramet

Nel silenzio della creazione contemporanea, dove la competitività ha sostituito la contemplazione e il mercato ha fagocitato il mistero, emerge un’utopia tangibile: quella di Luis Gramet e del suo Manifiesto Universal. Un progetto che si configura non come interrogazione profonda sulla natura stessa dell’arte in un mondo frammentato dalle frontiere, fisiche e mentali.

L’arte, da sempre specchio dell’anima collettiva, si trova oggi intrappolata in meccanismi che ne tradiscono l’essenza originaria (e di questo, ne avevamo parlato ampiamente con la bravissima Soledad Burgaleta). Gramet intuisce questa deriva quando osserva: “Vedo che nel mondo artistico c’è molta competitività. C’è sempre chi chiede dove sarà esposta l’opera, affianco a quale, di chi altro”. È da questa consapevolezza che nasce il desiderio di trascendere, di cercare una dimensione altra dove l’arte possa ritrovare la sua funzione primordiale di linguaggio universale.

Luis Gramet ed Estela Lagorio sono il fulcro del progetto

Dietro questo ambizioso progetto si muovono due figure centrali: Luis Gramet, artista e ideatore del Manifiesto Universal, e Estela Lagorio, artista plastica argentina formatasi presso la Scuola di Arti Visive di Rosario che porta al progetto una sensibilità estetica maturata attraverso una carriera internazionale d’alto livello. La sua filosofia creativa – “la vera emozione la sento nel mio atelier, quando va nascendo l’opera” – rivela un approccio all’arte come processo organico, dove ragione ed emozione si fondono in una ricerca che privilegia le texture minime e i toni armonici. Membro attivo dell’Associazione Civile MovilizArte, Lagorio incarna quella dimensione solidale dell’arte che il Manifiesto Universal aspira a realizzare su scala planetaria.

Estela Lagorio

L’artista e il sogno della Tela magna: la prima opera d’arte planetaria

Luis Gramet è un rinomato e attento artista, curatore e organizzatore di straordinari event artistici. Già presidente di giuria della Biennale di Salerno, Gramet è un visionario che si è assunto l’onere di tradurre in realtà un’aspirazione che appartiene all’umanità intera. Il suo Manifiesto Universal nasce da un’intuizione tanto semplice quanto rivoluzionaria: “Non c’è una sola opera nella storia dell’arte che sia stata dipinta da artisti di tutto il mondo”.

Il progetto si articola come un mosaico monumentale composto da 195 tessere, ciascuna delle dimensioni di 22×22 centimetri, ognuna rappresentante una Nazione del pianeta con un artista di quella stessa Nazione. Non si tratta di una mera sommatoria di opere, bensì di una Tela Magna (scritta volutamente in maiuscolo) che aspira a diventare la prima opera d’arte veramente planetaria della storia umana.

“Sto invitando ad un artista di ogni Paese, quindi avremo bisogno di 195 artisti”, spiega Gramet, delineando un progetto che supera ogni logica espositiva tradizionale. La sua è una chiamata che attraversa continenti, culture, lingue, ideologie, per convergere in un unico punto: la dimensione universale dell’espressione artistica.

Oltre la globalizzazione: verso una cosmologia dell’arte grazie al Manifiesto Universal

Il concetto di fondo del Manifiesto Universal trascende la semplice globalizzazione culturale per abbracciare una visione più profonda: quella di un’arte come linguaggio cosmico, capace di superare le barriere che dividono l’umanità. Gramet chiarisce subito: “Questa è un’idea che non ha a che vedere con il pacifismo. La finalità è un’altra”.

La finalità è ontologica: dimostrare che l’arte possiede una dimensione che precede e supera ogni particolarismo. Ogni artista mantiene la propria identità – “nessuno dei 200 artisti perde la sua identità, ognuno dipinge ciò che vuole” – ma questa identità viene inscritta in un progetto che la ingloba senza annullarla.

È significativo che Gramet definisca il progetto un “rompecabeza de arte”, un puzzle d’arte dove ogni pezzo conserva la propria unicità pur contribuendo a un disegno più grande. La metafora del puzzle rivela la natura dialettica dell’operazione: l’individuale e l’universale non si escludono, ma si completano in una sintesi superiore.

L’alchimia dell’esecuzione: tutti sono uguali nella tensione e nell’incertezza

L’aspetto più affascinante del progetto risiede nella sua metodologia compositiva. Gramet e i suoi collaboratori non si limitano a giustapporre le opere, ma assumono il ruolo di alchimisti dell’immagine: “Le useremo per comporre qualcosa che sia armonioso alla vista, con ritmo, tenendo in considerazione tutti i canoni dell’arte”.

Qui emerge la tensione creativa più significativa del progetto: come preservare l’autenticità di ogni contributo individuale inserendolo in una composizione che rispetti i principi estetici universali? La risposta di Gramet è radicale: “Nessuno saprà in che parte sarà collocato e chi sarà il suo vicino”.

Questa incertezza non è casuale ed è filosoficamente necessaria. Elimina ogni forma di gerarchia, ogni possibilità di discriminazione basata sulla posizione. Ogni artista partecipa al progetto nella stessa condizione di incertezza, e questa incertezza diviene paradossalmente la garanzia dell’uguaglianza.

Le difficoltà logistiche del progetto – “Stiamo avendo difficoltà nel far arrivare opere non solo dal Medio Oriente ma anche da Venezuela e Cuba” – non scoraggiano Gramet, che vede in queste complicazioni la conferma delle molteplici condizioni d’esistenza. Ogni opera che non arriva, – c’è la possibilità che, in quel caso, si lasci un nella buco tela -, diventa testimonianza delle divisioni che ancora attraversano il mondo.

Luis Gramet

La materialità dell’utopia

Ciò che distingue il Manifiesto Universal da altri progetti utopici è la sua concretezza materiale. Non si tratta di un’idea astratta, ma di un oggetto fisico destinato a esistere: “Quello che è certo è che la tela esisterà per davvero” spiega Gramet.

Gramet parla di “energia pura”, di una forza che si sprigionerà dalla composizione finale: “Chiunque si fermi davanti alla tela potrà sentire questa forza, questa energia, basata su tante energie individuali”. È una concezione dell’arte come campo energetico, dove ogni contributo individuale si somma agli altri per generare una potenza espressiva superiore.

La destinazione finale dell’opera – “non sappiamo ancora dove finirà questa opera, se all’ONU, l’UNESCO o a casa mia” – è significativamente indeterminata. Questa indeterminazione non è un limite, ma una apertura alle possibilità. L’opera esiste prima della sua collocazione, ha un valore intrinseco che prescinde dal riconoscimento istituzionale.

La scelta di Laura Bruno per rappresentare l’Italia con l’isola di Procida diventa emblematica: un’isola, metafora dell’identità nazionale che si apre al mare, al mondo, alle correnti che attraversano i popoli e le culture.

Verso una nuova estetica del collettivo

Il Manifiesto Universal di Luis Gramet si configura come risposta artistica a una delle questioni più urgenti del nostro tempo: come preservare la ricchezza delle diversità culturali in un mondo sempre più interconnesso? Come far dialogare le tradizioni locali con la necessità e, talvolta, l’ineluttabilità di un linguaggio globale?

La risposta di Gramet è decisamente pratica: attraverso la creazione di un’opera che sia simultaneamente molteplice e una, locale e universale, individuale e collettiva. “Ne uscirà un libro d’arte che segnerà un prima e un dopo nel mondo artistico”, profetizza l’artista, intuendo che il suo progetto potrebbe inaugurare una nuova stagione dell’arte contemporanea.

La Tela Magna sarà la rapprsentazione fisica dell’unità umana nella diversità

In un’epoca in cui l’arte si dibatte tra la seduzione del mercato e la ricerca di autenticità, il Manifiesto Universal propone una terza via: quella dell’arte come costruzione collettiva del senso individuale, come progetto di civiltà che trascende i particolarismi senza negarli.

La Tela magna di Gramet è il manifesto tangibile di un’umanità che riconosce nella creatività la propria lingua madre, il proprio denominatore comune, la propria speranza di unità nella diversità. Un mosaico di voci che, componendosi, raccontano non solo quello che siamo, ma quello che potremmo diventare.

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