Il mito di Orfeo e Euridice visto attraverso il pennello di Frederic Leighton
Il mito di Orfeo ed Euridice rappresenta una delle storie più intense e universali della mitologia greca, un racconto che intreccia amore, perdita e il potere trasformatore dell’arte. Orfeo, figlio della musa Calliope e del re trace Eagro secondo alcune tradizioni, è il poeta e musicista più celebre del mondo antico, la cui musica possiede la capacità di incantare animali, uomini e persino gli dei. La sua arte non è soltanto tecnica e bellezza formale: è espressione del potere emotivo e metafisico della musica, capace di muovere il cuore e di influenzare il corso degli eventi.
La vicenda di Orfeo ed Euridice comincia con l’incontro dei due giovani, innamorati al punto da volersi unire in matrimonio. Tuttavia, la felicità è presto interrotta dalla tragica sorte: Euridice viene morsa da un serpente durante una fuga e muore prematuramente. La perdita dell’amata spinge Orfeo a compiere un gesto straordinario, il viaggio verso l’Ade, il regno dei morti, nella speranza di riportarla tra i vivi. Qui, il mito introduce la celebre condizione imposta da Ade e Persefone: Orfeo potrà condurre Euridice fuori dall’oltretomba, ma a patto di non voltarsi a guardarla fino a raggiungere la luce del mondo dei vivi.
Questo momento carico di tensione emotiva diventa il fulcro della tragedia. La narrazione mitologica enfatizza la fragilità umana di fronte al desiderio e alla speranza: Orfeo, pur guidato dall’amore e dalla fiducia nella propria arte, non riesce a resistere alla tentazione di volgere lo sguardo verso Euridice, perdendola per sempre. La vicenda si conclude quindi con un sentimento di irreversibile perdita, che ha ispirato generazioni di artisti, musicisti e poeti, dai drammi di Euripide e le liriche dei poeti ellenistici, fino alle opere musicali di Monteverdi, Gluck e Offenbach, e alle rappresentazioni pittoriche dei secoli successivi.
Il mito di Orfeo ed Euridice non è soltanto una storia d’amore tragico; esso simboleggia il rapporto dell’uomo con la morte, la memoria e la creazione artistica. La musica di Orfeo diventa metafora di un potere in grado di superare la realtà e di influenzare il destino, anche se in maniera limitata, ricordando la tensione tra la grandezza dell’arte e i limiti dell’esistenza umana. Allo stesso tempo, il mito esplora la forza dei sentimenti, la fragilità dell’animo umano e la consapevolezza della mortalità, tematiche universali che hanno garantito alla storia di Orfeo ed Euridice un posto duraturo nella cultura occidentale, rendendola fonte di ispirazione per ogni forma artistica che cerca di rendere visibile l’invisibile e di dare voce all’ineffabile dolore dell’amore perduto.
Orfeo ed Euridice di Frederic Leighton (1864): opera minima ed essenziale del mito
L’opera Orfeo ed Euridice, dipinta da Frederic Leighton nel 1864, nasce in un momento cruciale per l’arte vittoriana in Inghilterra, quando l’espansione della Rivoluzione Industriale e i profondi mutamenti sociali e culturali si intrecciavano con una forte venerazione per le arti e per la tradizione accademica. Nel lungo regno della regina Vittoria, gli artisti si rivolgevano spesso alla mitologia, alla letteratura, alla storia e alla natura, così come all’esotismo di terre lontane, per cercare nuovi stimoli e nuove forme di bellezza.
Il mito di Orfeo ed Euridice, intriso di amore, tragedia e del potere redentore della musica, era particolarmente caro agli artisti dell’Ottocento. La sua universalità e la sua tensione drammatica lo rendevano perfetto per esprimere i conflitti interiori e le passioni dell’animo umano. Leighton, insieme ad altri protagonisti del periodo, contribuì a un’arte che mirava a innalzare la pittura a forma suprema, fondendo il rigore neoclassico con le suggestioni del romanticismo e puntando alla ricerca della bellezza ideale.

Una biografia essenziale di Frederic Leighton
Frederic Leighton (1830–1896) nacque a Scarborough, nello Yorkshire, in una famiglia agiata che gli permise di formarsi nelle maggiori capitali artistiche europee. Studiò a Roma, Firenze e Parigi, assimilando la lezione dei maestri rinascimentali e della grande tradizione accademica. Questa esperienza lo condusse verso uno stile caratterizzato da perfezione tecnica, equilibrio formale e predilezione per soggetti mitologici e storici.
La sua carriera fu costellata di successi: nel 1878 divenne presidente della Royal Academy of Arts, incarico che ricoprì fino al 1896, consolidando la sua influenza sul panorama artistico britannico. Pittore e scultore, Leighton incarnò l’ideale dell’artista colto e cosmopolita, capace di coniugare studio del passato e aspirazione a un’arte monumentale e senza tempo.
Analisi tecnica ed iconografica dell’opera di Orfeo ed Euridice di Leighton
In Orfeo ed Euridice Leighton mostra pienamente la sua padronanza del corpo umano e la sua sensibilità per le proporzioni classiche. Le due figure sono armoniosamente bilanciate tra naturalismo e idealizzazione: Orfeo, con la corona d’alloro che lo identifica come poeta e musicista divino, si china verso Euridice con un’espressione intrisa di malinconia, mentre lei lo avvolge in un abbraccio disperato.
Il colore ha un ruolo decisivo: il rosso vivido della veste di Orfeo contrasta con il bianco candido dell’abito di Euridice, alludendo al conflitto tra vita e morte, passione e purezza. La luce, orchestrata con sapienza, crea un intenso chiaroscuro che scolpisce i volumi e accentua la drammaticità dei volti e dei gesti.
La tela raffigura uno dei momenti più tragici della mitologia classica: il ritorno di Orfeo dal regno dei morti con Euridice, con la fatale condizione di non voltarsi a guardarla. In preda al dubbio e alla fragilità umana, Orfeo cede e si volta, condannando l’amata a rimanere per sempre nell’oltretomba.
Leighton immortala l’istante della perdita irrimediabile: le braccia tese di Euridice esprimono disperazione e desiderio, mentre lo sguardo abbattuto di Orfeo rivela la consapevolezza del destino. La corona di lauro sottolinea la gloria eterna del poeta, ma l’incarnato diafano di Euridice allude già alla sua condizione di ombra. Sul lato, la lira richiama il potere della musica, dono divino che nemmeno in questo caso riesce a salvare la donna amata.

Curiosità e contesto
Leighton fu non solo pittore ma anche scultore: la sua opera Atlante fu la prima scultura di un artista vivente accolta dalla Royal Academy. La tela Orfeo ed Euridice, esposta per la prima volta nel 1864 proprio alla Royal Academy, venne salutata come un capolavoro per la sua capacità di unire rigore classico e intensità emotiva.
Il mito di Orfeo, reinterpretato infinite volte nella storia dell’arte e della musica – dal Rinascimento a Monteverdi, da Gluck fino al Novecento – trovava nella pittura di Leighton una sintesi visiva di rara efficacia. L’opera riflette inoltre l’interesse vittoriano per i soggetti che potevano veicolare, attraverso il mito, messaggi universali di amore, perdita e speranza. Guardando oggi a Orfeo ed Euridice, colpisce come Leighton sia riuscito a condensare l’estetica vittoriana in un linguaggio comprensibile ancora al pubblico contemporaneo. La sua arte non si limita a una fredda imitazione dei modelli classici, ma si pone come ponte tra idealità e sentimento, tra accademia e pathos romantico.
L’opera diventa così un paradigma della pittura ottocentesca che cerca, nella perfezione formale, una via per trasmettere emozioni universali. Non è soltanto una scena mitologica, ma una riflessione senza tempo sulla fragilità delle promesse, sulla caducità dell’amore e sulla tensione umana tra desiderio e limite.
Orfeo ed Euridice è un esempio della grande capacità espressiva di Leighton
Orfeo ed Euridice è una testimonianza esemplare della grandezza tecnica e narrativa di Frederic Leighton. Attraverso il colore, la luce e la monumentalità delle figure, l’artista restituisce la tragedia del mito classico in una forma che unisce armonia e pathos.
Ancora oggi, quest’opera rimane un simbolo dell’eredità della mitologia greca nell’arte europea e del modo in cui la pittura vittoriana seppe tradurre il mito in una meditazione universale sull’amore e sulla perdita, consegnando al tempo un’immagine di struggente bellezza.
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