IA vs IA: alla Biennale d’Arte di Salerno, un tema chiave del contemporaneo
La VI edizione della Biennale d’Arte Contemporanea di Salerno (anche conosciuta con l’acronimo di BACS), in programma dal 18 ottobre al 2 novembre 2025 presso Palazzo Fruscione, si configura come un dispositivo critico per interrogare uno dei nodi centrali della contemporaneità: il rapporto tra tecnologia algoritmica e creatività umana. La Biennale dal sottotitolo “Intelligenza Artificiale vs Intelligenza Artistica”, la manifestazione curata dall’architetto e artista Giuseppe Gorga costruisce un campo di riflessione che supera la retorica della contrapposizione per esplorare le zone di intersezione, conflitto e ridefinizione reciproca tra due forme di intelligenza.
Il tema curatoriale: oltre la dialettica uomo-macchina
La scelta del tema “I.A. vs I.A.” non è una provocazione superficiale, ma un tentativo di problematizzare la narrazione dominante sulla presunta sostituzione della creatività umana con quella algoritmica. Come osserva Stefano Bartezzaghi nel materiale della manifestazione, la creatività non è “un atto improvviso”, ma “un’esplorazione graduale, un costruire e ricostruire, sbagliare e correggere, in un continuo rapporto tra intuizione e tecnica”.
L’Intelligenza Artificiale generativa, al contrario, produce un’illusione di istantaneità che occulta i processi sottostanti. Questa differenza non è meramente tecnica: segna una frattura epistemologica nel modo in cui concepiamo l’atto creativo stesso. La BACS si propone, tra le altre cose, di rendere visibile questa frattura, non per risolverla attraverso sintesi consolatorie, ma per mantenerla aperta come spazio di interrogazione.
A presiedere la giuria sarà niente meno che il grande maestro siciliano Lorenzo Chinnici, che prende il posto dell’argentino Luis Gramet, impegnato in questo momento con la sua tela magna.
Dimensione geopolitica e costruzione di comunità transnazionali
La manifestazione coinvolge artisti provenienti da trenta paesi distribuiti su cinque continenti, confermando una vocazione internazionalista che caratterizza la biennale dall’ormai lontano 2014. Particolarmente significativo è il legame consolidato con il continente latinoamericano, che posiziona Salerno in una rete di scambi culturali che sfuggono alla tradizionale egemonia dei circuiti nord-atlantici. In particolare, risulta determinante l’apporto dato dalla Expolatina de Arte guidata da Jorge Londoño Ramírez.
Questa geografia partecipativa rivela un’ambizione di costruire forme di comunità artistica globale che non si limitino alla circolazione delle opere, ma che producano effettivi spazi di dialogo tra tradizioni, linguaggi e concezioni dell’arte radicalmente diverse. Come sottolinea l’ospite d’onore Enza Monetti, che presenterà la performance “Messenger”, l’obiettivo è “mettere in dialogo culture e tradizioni diverse”, utilizzando “il linguaggio universale della creatività” come catalizzatore capace di “annullare distanze e incomprensioni”.
La tecnologia come estensione dell’umano?
Il posizionamento della BACS rispetto al dibattito sull’Intelligenza Artificiale evita tanto l’apocalittismo luddista quanto l’entusiasmo acritico del solutionismo tecnologico. La prospettiva adottata riconosce alla tecnologia un ruolo complementare: essa “facilita l’accesso alle informazioni, la sperimentazione e la condivisione”, permettendo di “strutturare il pensiero creativo in modo più concreto”. L’intelligenza artificiale viene così concepita come strumento per amplificare la generazione di intuizioni senza sostituire la componente umana della creatività, che continua a dipendere da “valutazione critica, intuito e capacità di attribuire significato”. Questa distinzione è cruciale: mantiene la specificità antropologica dell’atto creativo pur riconoscendo la trasformazione degli strumenti tecnici a disposizione dell’artista.
Salerno diventa nodo di una rete culturale decentrata, almeno per due settimana
Palazzo Fruscione, nel cuore antico di Salerno, diventa per quindici giorni laboratorio di sperimentazione su questioni che trascendono la dimensione locale. La scelta di mantenere la manifestazione in una città che non appartiene ai circuiti egemonici dell’arte contemporanea italiana è significativa: rappresenta un tentativo di costruire polarità culturali alternative, capaci di attrarre flussi internazionali senza replicare le gerarchie consolidate.
La manifestazione si conclude richiamando quella “emozione fondamentale che sta alla base della vera arte e della vera scienza”, citazione che rimanda a una concezione dell’esperienza estetica come forma di conoscenza irriducibile ad altre modalità conoscitive. In un’epoca di quantificazione e algoritmizzazione pervasiva, rivendicare questa specificità dell’esperienza artistica non è nostalgia romantica, ma affermazione di una dimensione antropologica essenziale.
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