5 opere che devi conoscere di Cindy Sherman
Cindy Sherman è una regista di sé stessa, un’attrice, una scenografa e, soprattutto, una delle artiste più influenti dell’arte contemporanea. Con un obiettivo puntato sempre su di sé, ma mai per narcisismo, Sherman ha costruito un universo visivo in cui identità, genere, rappresentazione e stereotipi culturali vengono analizzati e decostruiti con la forza di un’immagine studiata in ogni dettaglio.
Tra travestimenti, set minuziosi e una sorprendente capacità di metamorfosi, il suo lavoro ha cambiato il modo in cui guardiamo la fotografia. Ecco cinque opere imprescindibili per comprenderne la portata.
Breve biografia di Cindy Sherman
Nata nel 1954 a Glen Ridge, nel New Jersey, e cresciuta a Long Island, Cindy Sherman si forma presso il Buffalo State College, dove inizia a sperimentare con la fotografia come mezzo di narrazione e autorappresentazione. Fin dagli anni Settanta sviluppa un approccio unico: non si limita a scattare fotografie, ma crea veri e propri personaggi, spesso ispirati ai linguaggi del cinema, della televisione e della pubblicità.
Sherman è la protagonista di ogni sua immagine, ma sempre sotto mentite spoglie: il suo corpo diventa un terreno di indagine sociale, politica e culturale. Vincitrice del MacArthur Fellowship e protagonista di mostre nei più importanti musei del mondo – dal MoMA di New York alla Tate Modern di Londra – ha influenzato intere generazioni di artisti.
1. Untitled Film Stills (1977–1980)
Una serie di 69 fotografie in bianco e nero che hanno definito l’inizio della sua carriera e, di fatto, l’intera storia della fotografia contemporanea. Qui Sherman si ritrae nei panni di archetipi femminili tipici del cinema anni ’50 e ’60: la segretaria ingenua, la femme fatale, la casalinga annoiata. Non c’è un film reale dietro a queste immagini, eppure sembrano fotogrammi strappati a pellicole mai esistite. L’effetto è destabilizzante: lo spettatore riconosce l’atmosfera, ma non il contesto, mettendo a nudo i cliché della cultura visiva.



2. Centerfolds / Horizontal (1981)
Commissionata originariamente dalla rivista Artforum, questa serie a colori mostra figure femminili distese in orizzontale, in formato simile a quello dei centrefold delle riviste maschili. L’atmosfera, però, è ben diversa: le donne ritratte non sono oggetti di desiderio, ma appaiono vulnerabili, malinconiche, a volte turbate. Sherman ribalta così le dinamiche di potere dello sguardo maschile, trasformando la seduzione in introspezione.

3. History Portraits (1988–1990)
Con questa serie, l’artista guarda alla storia dell’arte occidentale. Nei History Portraits si traveste da figure tratte da dipinti rinascimentali e barocchi, ma con un tocco volutamente artificiale: protesi, costumi e fondali rivelano la costruzione della messa in scena. L’opera diventa così una riflessione sull’autenticità dell’immagine e sul modo in cui la pittura – come la fotografia – crea e impone modelli visivi.



4. Clowns (2003–2004)
Nella serie Clowns, Sherman spinge la sua estetica verso un territorio psicologicamente più inquietante. Costumi sgargianti, trucco pesante e sfondi digitali creano un contrasto disturbante tra l’allegria superficiale della figura del clown e un sottofondo di inquietudine e solitudine. L’opera mette in discussione l’idea di intrattenimento, svelando il potere perturbante di un’immagine apparentemente innocua.

5. Society Portraits (2008)
In questi ritratti, Sherman interpreta donne dell’alta società di mezza età, circondate da simboli di status e raffinatezza. I volti, spesso segnati da ritocchi estetici visibili, trasmettono una tensione tra il desiderio di apparire giovani e la realtà del tempo che passa. Con ironia e precisione, l’artista osserva la costruzione dell’immagine pubblica nell’era del lusso ostentato e dell’autopromozione.

Cosa significa guardare, oggi, le opere di Cindy Sherman
Osservare l’opera di Cindy Sherman significa confrontarsi con uno specchio che non riflette mai la realtà così com’è, ma la rielabora, la smonta e la rimonta. Attraverso i suoi travestimenti, Sherman non si limita a cambiare volto: cambia la nostra percezione di cosa significhi essere guardati e di come l’immagine, in ogni epoca, sia una costruzione culturale.
Le cinque opere qui raccolte non sono che una porta d’ingresso: dietro di esse si nasconde un corpus artistico vasto, complesso e ancora attualissimo, capace di parlarci di identità, potere e immaginario collettivo con una forza che resiste al tempo e alle mode.
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