Roma brutalista in 5 opere architettoniche

Roma brutalista in 5 opere architettoniche

Roma brutalista in cinque imponenti opere architettoniche

L’architettura brutalista, spesso associata a paesaggi urbani grigi e severi, trova a Roma una declinazione unica, capace di fondere la radicalità del cemento armato con la stratificazione millenaria della città. Se altrove il brutalismo è stato letto come rottura netta con la tradizione, nella Capitale assume invece il ruolo di voce dissonante ma non estranea, inserendosi in un contesto urbano che vive da sempre di contrasti: tra antico e moderno, tra monumentalità e quotidiano, tra splendore classico e precarietà contemporanea.

Ripercorrere le tracce del brutalismo romano significa dunque osservare una stagione architettonica che non è mai stata solo estetica, ma politica, sociale e persino spirituale. In questo articolo esploriamo cinque opere emblematiche, che raccontano come Roma abbia saputo accogliere — e trasformare — il linguaggio del cemento a vista in testimonianza della propria modernità.

Il brutalismo a Roma: un’introduzione necessaria

Prima di entrare nel dettaglio delle singole architetture, occorre chiarire perché il brutalismo a Roma abbia una valenza così peculiare. A differenza delle grandi città anglosassoni, dove il movimento si è imposto come risposta alla ricostruzione post-bellica e alla crescita urbana, nella Capitale italiana esso si è innestato in un tessuto urbano già saturo di simboli e monumenti.

Qui, costruire in cemento armato non significava solo risolvere problemi di funzionalità o costi, ma confrontarsi direttamente con la memoria imperiale, barocca e razionalista che incombeva su ogni nuovo intervento. Ne derivano opere dalla forte carica espressiva, spesso volutamente monumentali, in grado di dialogare con la città eterna senza imitarla né negarla. Qui, trovi la nostra introduzione “prima” al brutalismo romano.


1. Il Corviale – la città orizzontale

Un’utopia abitativa lunga un chilometro

Il Corviale, progettato negli anni Settanta dall’architetto Mario Fiorentino, è probabilmente l’opera brutalista più iconica di Roma. Con i suoi 957 metri di lunghezza e i quasi 1.200 appartamenti, il “Serpentone” rappresentava un tentativo ambizioso di dare forma a una nuova socialità urbana.

Il complesso non era pensato solo come edificio residenziale, ma come città orizzontale: scuole, spazi commerciali, aree comuni e servizi erano distribuiti lungo l’immensa struttura, che avrebbe dovuto funzionare come ecosistema autosufficiente.

La realtà, purtroppo, non ha rispettato le intenzioni originarie. Problemi di gestione, incompletezza dei lavori e difficoltà economiche hanno presto trasformato il Corviale in simbolo di degrado e marginalità. Tuttavia, oggi il “Serpentone” è oggetto di progetti di rigenerazione urbana che cercano di restituire dignità a una delle più radicali sperimentazioni architettoniche del Novecento.

Perché il Corviale è brutalista

Il cemento armato lasciato a vista, la ripetizione ossessiva dei moduli e la scala monumentale rendono il Corviale un manifesto brutalista in piena regola. Più che edificio, è paesaggio urbano, capace di ridefinire l’orizzonte della periferia romana.


2. Chiesa di Santa Maria della Visitazione – brutalismo sacro a Roma

Tra le espressioni più autentiche del brutalismo ecclesiastico romano emerge la Chiesa di Santa Maria della Visitazione, progettata da Saverio Busiri Vici e realizzata tra il 1969 e il 1971 nel Quartiere Collatino. La facciata, dominata dal cemento armato a vista, si impone con una geometria rigorosa, scandita da pilastri diagonali di grande sezione e da travi-parete che giocano tra concavità e convessità, creando un senso di profondità e movimento. La struttura esterna comunica già dall’ingresso la forza materica dell’edificio: il cemento non è mascherato, ma esibito come protagonista, diventando linguaggio architettonico autonomo.

Chiesa della Visitazione, Saverio Vici- ROMhttp://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Santa_Maria_della_Visitazione_(Roma)

All’interno, l’effetto è altrettanto sorprendente: la luce naturale filtra attraverso strette fessure e vetrate policrome poste dietro l’altare, trasformando le pareti portanti in veri e propri elementi rituali. La spiritualità della chiesa non si affida a ornamenti o decori tradizionali, ma alla relazione tra massa, luce e spazio, rendendo l’esperienza liturgica immersiva e contemplativa. Ogni pilastro e ogni trave contribuisce a definire un percorso visivo e sensoriale che guida lo sguardo e l’attenzione dei fedeli, instaurando un dialogo continuo tra l’architettura e il rito.

Questa chiesa rappresenta anche un interessante esempio di come il brutalismo possa farsi sociale, dialogando con il contesto urbano circostante. Situata in un quartiere popolare, l’edificio si propone come segnale identitario, un punto di riferimento visibile e riconoscibile per la comunità, capace di conferire dignità e monumentalità allo spazio pubblico. La scelta del cemento armato a vista non è solo estetica, ma esprime un’idea di modernità accessibile, in cui l’architettura diventa strumento di inclusione e di esperimento urbano.

Chiesa della Visitazione, Saverio Vici- ROMhttp://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Santa_Maria_della_Visitazione_(Roma)

3. Il Palazzo della Civiltà del Lavoro reinterpretato – tra razionalismo e brutalismo

Dal razionalismo al cemento espressivo

L’EUR, quartiere nato negli anni Trenta, è dominato dal Palazzo della Civiltà Italiana, noto come “Colosseo Quadrato”. Pur appartenendo al razionalismo fascista, molte delle successive costruzioni della zona hanno subito influenze brutaliste, con l’uso massiccio del cemento e forme geometriche spoglie.

Un esempio emblematico è il Palazzo dello Sport di Nervi e Piacentini: un’enorme cupola in cemento armato precompresso, che rappresenta un ponte tra modernismo e brutalismo.

L’EUR è diventato laboratorio di modernità: qui il brutalismo si è fuso con l’eredità razionalista, dando vita a opere ibride, dove la severità materica si unisce alla monumentalità classica.

Perché Il Palazzo della Civiltà del Lavoro è brutalista

Nonostante le origini razionaliste, gli edifici dell’EUR reinterpretano il linguaggio brutalista per scala, materiali e geometria. È un brutalismo “romano”, radicato in un’idea di modernità che guarda al passato monumentale.


4. La Biblioteca Nazionale Centrale – un tempio laico di cemento

Una nuova monumentalità per la cultura

La Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, inaugurata nel 1975 e progettata da Massimo Castellazzi, Tullio Dell’Anese e Annibale Vitellozzi, rappresenta un altro capitolo fondamentale del brutalismo capitolino. Con la sua imponenza, il complesso si presenta come una fortezza del sapere: spazi ampi, volumi squadrati, facciate in cemento che evocano solidità e permanenza.L’edificio non è pensato solo per conservare libri, ma per accogliere la cittadinanza in un luogo di studio e aggregazione. Il brutalismo, in questo caso, diventa linguaggio di democratizzazione della cultura: il sapere non è racchiuso in un palazzo elitario, ma esposto in un’architettura potente e accessibile.

Perché La Biblioteca Nazionale Centrale è brutalista

Il cemento armato dominante, la monumentalità austera e la chiarezza compositiva rendono la Biblioteca un classico esempio di brutalismo istituzionale, dove la materia stessa diventa metafora della solidità del sapere.

Biblioteca Nazionale
Biblioteca Nazionale

5. Il Villaggio Olimpico di Roma 1960, tra sport e sperimentazione

Architettura per la comunità

Realizzato in occasione delle Olimpiadi del 1960, il Villaggio Olimpico di Roma è un intervento che porta tracce evidenti di linguaggio brutalista. Le palazzine in cemento armato, progettate da un gruppo di architetti tra cui Adalberto Libera e Luigi Moretti, erano pensate per ospitare gli atleti, ma hanno poi avuto una seconda vita come quartiere residenziale.

Il Villaggio rappresenta un esperimento di urbanistica moderna, dove modularità e razionalità si intrecciano con il rigore materico del cemento. Nonostante la vocazione temporanea, il complesso è diventato parte integrante della città.

Perché il Villaggio Olimpico romano è brutalista

Il cemento a vista, la serialità dei volumi e l’assenza di fronzoli conferiscono al Villaggio una forte impronta brutalista, mitigata però da una dimensione più umana rispetto ad altre opere monumentali.


Il brutalismo romano come eredità viva

Le cinque opere presentate dimostrano come il brutalismo a Roma non sia stato una semplice moda architettonica, ma un linguaggio capace di dialogare con la storia e la società. Dal Corviale al Villaggio Olimpico, passando per chiese e biblioteche, il cemento armato ha raccontato utopie, fallimenti, spiritualità e cultura.

In una città che da sempre vive di stratificazioni, il brutalismo non è apparso come corpo estraneo, ma come nuova pietra di un mosaico millenario. Oggi, mentre alcune di queste architetture vengono rivalutate e rigenerate, il loro messaggio rimane attuale: l’architettura non è solo forma, ma progetto di vita collettiva.

Il mito di Roma antica nel cinema: l’eterna fascinazione della grandezza imperiale

SOSTIENI GRATUITAMENTE IL PROGETTO DI ITALIAN ART JOURNAL SEGUENDOCI SU FACEBOOK E SU INSTAGRAM

PER VEDERE LE NOSTRE PRODUZIONI MEDIA SEGUI ANCHE ARTING AROUND SU FACEBOOKINSTAGRAM TIKTOK.

PER TE È GRATIS, PER NOI È ESTREMAMENTE IMPORTANTE! GRAZIE MILLE!

Potrebbe piacerti...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *