Mostre Siracusa: la fotografia Interroga la pittura nel confronto tra Delogu e Antonello da Messina
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Mostre Siracusa: la fotografia Interroga la pittura nel confronto tra Delogu e Antonello da Messina

Mostre Siracusa: la fotografia Interroga la pittura nel confronto tra Delogu e Antonello da Messina

Nell’intimità delle sale di Palazzo Bellomo a Siracusa, si consuma un incontro impossibile eppure inevitabile. Antonello da Messina e Marco Delogu, separati da cinque secoli di storia, si trovano a dialogare attraverso il linguaggio universale del ritratto, in una conversazione che trascende le categorie temporali per approdare all’essenza stessa dell’espressione artistica. La mostra che li unisce fino al settembre 2025 non è semplicemente una giustapposizione di opere: è piuttosto una meditazione sulla persistenza dell’umano attraverso le epoche, una riflessione sulla capacità dell’arte di attraversare il tempo per toccare le corde più intime dell’esperienza collettiva.

Il progetto di Delogu si configura come un’archeologia dell’immagine, un’indagine sulla stratificazione dei significati che ogni ritratto porta con sé. Quando il fotografo contemporaneo confessa di avere “molto di quella pittura dentro di me”, rivela una verità profonda sulla natura dell’arte: essa non si esaurisce nel momento della sua creazione, ma continua a vivere, a influenzare, a generare nuove visioni. Il maestro siciliano del Quattrocento, con la sua “pittura di luce” di derivazione fiamminga, diventa così un interlocutore attivo, una presenza che modella lo sguardo contemporaneo e ne orienta le scelte estetiche.

L’Enigma del Ritratto come Specchio dell’Anima

La scelta del bianco e nero da parte di Delogu non è meramente stilistica, ma filosofica. Privando le immagini del colore, il fotografo compie un’operazione di distillazione che mette a nudo l’essenza del soggetto ritratto. Come Antonello da Messina raggiungeva quella “nitidezza formale” che caratterizza i suoi capolavori, così Delogu utilizza il fuoco selettivo e le inquadrature studiate per penetrare oltre la superficie delle cose, per cogliere quella dimensione interiore che fa di ogni volto un universo irripetibile.

Il confronto tra l’Annunciata di Palermo e Senada, la donna nomade immortalata mentre allatta, rivela una continuità sorprendente nell’approccio al sacro. Entrambi i ritratti catturano un momento di sospensione, di raccoglimento, in cui il divino si manifesta attraverso l’umano. La “folgorazione nell’ombra di una baracca” di cui parla Delogu ricorda le illuminazioni mistiche della pittura rinascimentale: anche nell’umiltà di un campo rom si può manifestare quella grazia che Antonello sapeva riconoscere nei volti dei suoi contemporanei.

Mostre Siracusa, l’incontro tra Delogu e Antonello da Messina: stratificazioni di Significato nella Contemporaneità

Il parallelismo tra il Cristo alla colonna e il ritratto di Joseph Ratzinger apre una riflessione ancora più complessa sulla natura del potere spirituale e della sua rappresentazione. Il futuro Papa Benedetto XVI, fotografato quando era ancora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, porta nel volto i segni di una responsabilità che trascende la dimensione individuale. Come il Cristo antonelliano, egli incarna un’istituzione, un’idea, una tradizione millenaria che si perpetua attraverso i corpi e i volti di chi la rappresenta.

Più provocatorio ancora risulta l’accostamento tra il Ritratto d’uomo di Messina e Pierluigi Concutelli, l’ex terrorista fotografato nel carcere di Rebibbia. Qui Delogu compie un’operazione di estrema audacia intellettuale: riconosce nell’enigmatico soggetto quattrocentesco e nell’ex comandante di Ordine Nuovo la stessa umanità complessa, contraddittoria, irriducibile a categorie morali semplicistiche. Il momento della rasatura in carcere diventa una moderna pietà, un’immagine di redenzione possibile che trova eco nella compassione antonelliana per la condizione umana.

Verso una Nuova Estetica del Dialogo

L’operazione compiuta da Delogu a Palazzo Bellomo trascende i confini della semplice mostra fotografica per configurarsi come un manifesto metodologico. In un’epoca caratterizzata dalla frammentazione delle esperienze e dalla perdita di riferimenti culturali condivisi, il confronto tra epoche diverse diventa uno strumento indispensabile per recuperare il senso della continuità storica. La fotografia non si oppone alla pittura, ma la completa, la interroga, ne rivela potenzialità inespresse.

Il risultato è una riflessione sulla natura stessa dell’arte come linguaggio universale, capace di attraversare le barriere temporali per toccare le corde più profonde dell’esperienza umana. Antonello da Messina e Marco Delogu, uniti dalla comune ricerca della verità del ritratto, ci ricordano che ogni epoca ha i suoi modi per dare forma all’ineffabile, ma che l’ineffabile rimane, sostanzialmente, sempre lo stesso: il mistero irriducibile del volto umano, con la sua capacità di raccontare storie che trascendono il tempo e lo spazio per approdare all’eternità dell’arte.

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